[Recensione] L’amante

Foreste incantate e città dentro alle foreste; clima caldo marguerite duras l'amante recensione controlettureumido, di quello che si appiccica addosso e non fa respirare; immense lagune, rigogliose vegetazioni, baie sconfinate, terrazze infinite di riso bruciate dal sole che tramonta, dolci e succulenti frutti esotici…

Con questi elementi, Marguerite Duras – all’anagrafe Marguerite Germaine Marie Donnadieu – campisce magistralmente una tela bianca, raccontando, con pennellate secche e decise, dirette, la storia di un amore impossibile, sanguigno, alimentato dal desiderio della carne e di denaro; una storia di odio e indifferenza.

I miei fratelli non gli rivolgeranno mai la parola, come se fosse invisibile, come se non fosse abbastanza consistente per essere percepito, visto, sentito da loro. Questo perché lo vedono ai miei piedi, perché hanno stabilito che non l’amo, che sto con lui per i soldi, che non posso amarlo, è impossibile, e lui è pronto a sopportare tutto da me senza mai ottenere il mio amore.

È strano come la Duras racconta la (sua) storia. La narrazione, di base, è in prima persona singolare, un io narrante che dalle informazioni che sono riuscita a reperire si identifica nella scrittrice stessa. La cosa peculiare, quella che colpisce di più è il sentore di un certo distacco nel raccontare particolari episodi, quelli più personali, intimi, come se l’autrice – o la protagonista – volesse alienarsi dalla realtà e narrare pezzi di vita vissuti da un’altra.

La casa è costruita su un terrapieno che la isola dal giardino, dai serpenti, dagli scorpioni, dalle formiche rosse, dalle inondazioni del Mekong, da quelle che seguono ai tifoni nella stagione monsonica. Questo permette di lavarla con grandi secchiate d’acqua, di annaffiarla come un giardino. Le sedie sono capovolte sui tavoli, l’acqua gronda e ricopre i piedi del pianoforte del salottino, scende dalle scalinate esterne, invade il portico davanti alla cucina. I piccoli boys sono felici, ci spruzziamo d’acqua insieme a loro e poi insaponiamo il pavimento con il sapone di Marsiglia. Siamo tutti a piedi nudi, anche mia madre.
La madre ride, non protesta. Tutta la casa profuma dell’odore delizioso di terra bagnata dal temporale, un odore che fa impazzire di gioia, soprattutto quando è mischiato all’altro, quello del sapone di Marsiglia, odore puro, onesto, l’odore della biancheria pulita di nostra madre, dell’immenso candore di nostra madre.

marguerite duras l'amante recensione controletture Huynh ThuyLa protagonista, di cui non sapremo mai il nome perchè non viene mai menzionato, ha quindici anni. Veste in modo strambo e questa sua particolarità attira l’attenzione di un milionario ragazzo cinese molto più grande di lei.

Nasce un amore, lussureggiante germoglio, che sboccia e fiorisce in una stanza di albergo e in essa si confina, tra un corpo troppo esile, quasi malaticcio, e un corpo ancora acerbo; incontri venali, titubanti, indifferenti, a volte carichi di compassione, tristezza, odio e fatalismo; un amore avversato non solo dalla famiglia del ragazzo, ma anche da quella di lei, soprattutto dal fratello maggione, pitturato come dispotico padre-padrone, nonostante il legame tra i due giovani frutti non pochi quattrini.

 

Quindici anni e mezzo. Certe cose si sanno presto a Sadec. Basta vedere come si veste per capire che è disonorata. La madre è un’insensata, non è quello il modo di allevare una bambina. Povera figliola.
Quel cappello, vi dico, non è innocente, e neppure quel rossetto, significa qualcosa, è per attirare gli sguardi, il denaro. I fratelli, dei mascalzoni. Dicono che è un cinese, il figlio del miliardario, quello che ha la villa sul Mekong, con la ceramica azzurra. Persino lui, invece di sentirsi onorato, non la vuole per suo figlio, non vuole questa bianca che appartiene a una famiglia di mascalzoni.

 

marguerite duras l'amante recensione controlettureE se è vero che il primo amore non si scorda mai, quello della ragazza-senza-nome e del milionario ragazzo cinese è destinato a sopravvivere agli anni e ai cuori di molte persone.

Un testo nudo e crudo, tagliente, una lama che affonda nella carne e lascia profonde cicatrici, che cozza con la dolce e tenera storia in esso raccontata.

Un testo impegnativo, che richiede la giusta attenzione, ma che vale la pena leggere.

Curiosità: Dal romanzo della Duras, nel 1992 Jean-Jacques Annaud ha diretto il film L’amante (L’amant).

Alla prossima

Sil.

7 pensieri su “[Recensione] L’amante

      • Questo è il mio commento su Anobii al termine della lettura
        Sono rimasto perplesso da questo romanzo della Duras perché da un certo punto di vista è sicuramente ben scritto sia come tono sia come stile ma da un altro appare ingarbugliato, inconguruo e framentario.
        Proviamo a tirare le somme.
        E’ di sicuro un romanzo di introspezione psicologica con pensieri e riflessioni ben congegnati ma nello stesso tempo al lettore sembra sempre di navigare in superficie senza mai approfondire nulla. Poi quel divagare continuo tra presente e passato con passaggi bruschi senza via di mezzo scontertano chi legge che fatica a seguire il ragionamento logico dei flashback della voce narrante, che descrive se stessa e gli avvenimenti che la coinvolgono.
        Per capire meglio l’autrice dovrò leggere altri suo romanzi
        Come leggerai anch’io ho avuto problemi. In dettaglio inquadrarlo temporalmente

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